16 – Outro

26 Mag

Il chaos non è tra le cose scordate alla partenza

ha soffiato col vento e ballato col tempo

mi ha spinto, smosso e scosso

lei mi ha capito, lo ha accettato e si è calmata

La rabbia e la pazienza sono state sorelle fraterne

hanno lottato assieme

nè pioggia nè vento,

nè stress nè magagne le hanno viste separate.

La passione e la convinzione però

non hanno oscurato la vista del riflesso di se stessi

ho capito, ma non  troppo forse,

errori.

La concentrazione che viene va e ritorna, riaffiora smemorata

un pesce a simbolo

poi l’insistenza nell’imperare del palese

che infastidiscono come pizzicotti durante un prelievo di sangue

ma per contro

niente a che fare col banale del piacere

ripetuto e forse mai troppo sottolineato.

Odio la noia, ma non la tranquillità attiva

odio l’ansia, ma non la follia.

Avanti

A bassa velocità col rumore dentro il cuore…

Link di altri “folli”, liberi,

ma soprattutto autentici

sognatori e in parte compagni di viaggio:

Sylvain

Il trio grenoblese

Alice

 

15 – Ogni fine, un nuovo inizio.

26 Mag

Ultime immagini odori sensazioni di questo viaggio, la terra tra poco sorgerà nuovamente all’orizzonte. Fine del viaggio, se così si può dire. La fine è il mio inizio disse qualcuno. Ma non vedo la parola fine e preferisco passaggio.

Arriviamo a Patras col sole, passando vicino alla costa tra il verde giovane della primavera e il blu profondo del mare spazzato dal vento. Un’insalata greca su un tavolino a un metro dal mare, tra i sassi del fondo si vedono schizzi neri, i ricci di mare.

Al porto della città, lungo le reti di recinzione, fuori, diverse persone scrutano nell’attesa del momento giusto per riuscire a infilarsi sotto un camion diretto in Italia, porta per l’Europa. I “fortunati” li attende un duro viaggio, molte e lunghissime ore nella speranza di poter passare il controllo all’arrivo.

“Nostra patria è una barca, un guscio vuoto

potete respingerci ma non portarci indietro

cenere dispersa è la partenza

noi siamo solo andata.”  E. De Luca

Ho il biglietto, il traghetto partirà con ritardo verso le sei di mattina. Partiamo ancora col buio dalla casa dove abbiamo trovato ospitalità. Mezzi persi per la città quasi deserta cherchiamo la strada. Qualche traccia di after, la festa che non finisce. Arriviamo al porto. Un caffè con vista porto, macchine e camion in attesa. Insieme aspettiamo. La radio che accompagna l’arrivo della prima mattina sempre mi piace, non so perchè, forse è l’atmosfera o forse non trasmette le solite schifezze, è leggera e varia, e comunque si fa apprezzare di più qualsiasi pezzo intercetti.

Lei si allontana dal ponte della nave, sotto una macchia di luce rosso violarancio che sorge dalla cresta della montagna in un ancora stellato. I motori della nave rombano a bassi giri.

Ma questa nuova partenza non fa che da sfondo a qualcosa che è iniziato.

14 – Atene, Exarchia, Anarchia.

24 Mag

L’arrivo con la luce ancora fresca della tarda mattinata, dall’alto della nave vediamo i sobborghi che si distendono verso Atene che rimane ancora un po’ lontana. Scendiamo, nel porto un ragazzo che ha fatto il viaggio con noi, costruttore di buozuky (chitarra greca), ci dà il benvenuto. Si parte, ma in bici è un chaos e la città Atene (anche se ora è un tutt’uno fino al porto) è ancora a qualche bel chilometro. Prendiamo il tram, ragazzi gitani, che salgono a una fermata e scendono alla prossima, suonano melodie balcaniche con le loro fisarmoniche. Ci fermiamo, comincia ad essere troppo affollato e alcuni vecchi fanno facce storte per dover fare due passi in più ed entrare dalla porta in parte. Per un’infiammazione incontriamo una farmacista e da lì trovo un dentista. Nell’attesa, il sorriso di un bambino. Poi otturazione al volo. Un problema risolto!!

Adesso il problema rimane arrivare ad Atene vera e propria, arriviamo e cerchiamo di orientarci, passiamo tra monumenti e scritte sui muri. Davanti al parlamento ritornano alla mente le immagini degli scontri. Per la città sbirri in moto, se non in autobus, comunque sempre a gruppi.

Troviamo il ragazzo di couchsurfing che ci ospita, greco e, parla italiano. Esce una conoscenza in comune. Maratonde che nel viaggio si ripetono. Andiamo a Exarchia, quartiere ribelle, a due passi da dove siamo.

pareti a strati

Graffiti dedicato ad alexis grigoropoulos.

Pareti di manifesti quasi indecifrabili fra caffè e bar, poi graffiti grandi a volte interi palazzi. Musica nella piccola piazza, una festicciola improvvisata. Passiamo dal posto dove pochi anni fa le guardie uccisero a freddo un ragazzo di quindici anni e si videro poi esplodere il paese contro. Una mega birra al bar, poi la serata procede in un locale autogestito.

exarchia

ancora graffiti

Giorno dopo ancora Exarchia, rischio di farmi fermare da un antisommossa, schivandolo, solo per il mio andare in bici contromano. Ritroviamo il nostro ragazzo alla facoltà nel pieno di elezioni studentestche e tensione. Una cosa risulta chiara: ai greci piace fare casino. Troviamo poi passeggiando, sempre in Exarchia, ancora il ragazzo del porto che ci consiglia dove poter trovare buoni buzuky. Più tardi entriamo in uno spazio di un collettivo dove ce n’è di roba, vestiti libri cd.., gente che porta e gente che prende tutto senza denaro, Un giornalista del Pais fa un’intervista a uno dei ragazzi. Poco più in su sulla strada, altro posto, una cena popolare sempre nello stesso stile. Ma sta sera è il turno della torta salata francese fatta in casa.

Magazzino del riuso.

magazzino del riuso

Altra serata, una passeggiata per il centro, bella la città di notte. L’acropoli poco lontano sopra la città, posata su una roccia. Tranquillità esagerata di una passeggiata notturna, un bar, sosta al gusto raki. Vedremo ancora il parlamento dove i militari di guardia in divisa tradizionale, bianca e pon pon sui piedi, rimangono immobili nell’umiliante sfilata di turisti e le loro foto ricordo.

Ultima sera mi faccio trascinare ad un ristorante… e non è male, lei mi insegna che si sceglie all’incirca dal menu e non si chiedono patate al forno con cose a caso.

Il tempo ad Atene sta per scadere, le città ci mi stanno strette.

13 – Primo passo verso il ritorno. L’isola di passaggio.

22 Mag

La terra ottomana si allontana verso sera. Noi sul mare. Le montagne di Kyos si vedono già alla partenza. Una flotta di sudcoreani divisi in gruppi affolla il piccolo traghetto. Conosciamo un ragazzo in viaggio con loro, anche se più che un viaggio è un fotografa e fuggi, già che in una settimana si vedono più monumenti che noi in tutto il viaggio. Con una scaletta calcolata al minuto seguono un percorso sulle tracce non so di che storia biblica.

Scendiamo al porto facciamo per saltare la dogana e un tipo ci ferma e ci fa passare senza attendere che tutto il serpente d’oriente mostri il suo documento al doganiere confuso nella verifica. Qualcosa da dichiarare come tabacco? Quando mai! Sempre a pensar male sti doganieri. hehe.

Ci connettiamo e viene notte mangiamo sul molo e dalla strada di luci e bar salta fuori di nuovo il ragazzo conosciuto in barca che ci chiede se questa è la nostra casa per oggi. Ci lascia delle bustine di vitamina e caramelle al gusto di bo. Forse si farà un viaggio pure lui in bici chissà.

E’ notte e non troviamo più un posto tranquillo dove metterci anche perchè la spiaggia non si vede. Ci si perde con scioltezza. E i prati sono tutti con muri o reti. Fermiamo una macchina e un albanese con la vecchia macchina che lampeggia e il motore che va e non va ci fa in inglese di seguirlo che è guardiano in un hotel. Ci dà una stanza con la promessa di non fare casino e ripartire la mattina prima delle 6 e mezza, prima che arrivi il proprietario. Risveglio duro, ci accompagna alla spiaggia a poca distanza e lì seconda pisolata. Sotto il sole non mi riesco più a muovere se non fosse per la caparbia insistenza della compagna di viaggio.

Giriamo un po’ per l’isola e troviamo una spiaggia dove posso bagnarmi liberando le zone d’ombra. Ritorniamo alla città per la nave di mezzanotte che ci cullerà in un angolo del corridoio fino ad Atene.

korean friend

Prima di perdere le capacità motorie sotto il sole.

Prima di perdere le capacità motorie sotto il sole.

12 – I! LOVE! YOU! IZMIR!

22 Mag

Bene, ripartendo da dove eravamo rimasti ci siamo sparati un giorno di bici finito con qualche ora di autobus serale, verso una cittadina in direzione di Bergama dove passiamo la notte a casa di una famiglia all’apparenza integralista o nazionalista, insomma molto conservatrice, non capiamo molto ma non piace l’ambiente. La figlia poi vuole fare lo sbirro, ma non è questo se non l’atmosfera di gente lavoratrice che tira avanti con i valori pesanti valori oppressivi inculcati in testa, che crea un senso di disagio. Ripartiamo la mattina dopo verso Bergama, ma prima si rompe il copertone e un biciclettaro turco lo ripara alla vecchia. Bergama città stupenda, prima conoscenza un tranquillo quasi anziano con mille intramacci per la testa e cose per le mani che ci dà qualche consiglio parlando in inglese. Mettiamo la tenda nel giardino di una specie di albergo, con la colazione inclusa. Ci consigliano trucchi per l’acropoli, quindi il giorno dopo scrocchiamo un’entrata all’acropolis, paghiamo con la fatica che facciamo per salire sotto il sole. Dall’alto si vede lontano sul fondo la città. La sera a spasso per il quartiere vecchio e i suoi vicoli fra gatti che raschiano nell’immondizia, i richiami delle moschee coronati dal rumore poco mistico dell’attivazione dei microfoni, il selciato delle strade e la poca luce giallastra dei pochi lampioni. Un piccolo fiumiciattolo attraversa la città tra qualche albero e le case di pietra come il ponte. Davanti alla moschea dal muro caduto Alice disegna e dei ragazzi che escono al finire della preghiera vengono e parliamo di calcio. Fumo finalmente tabacco turco.

Ripartiamo già il giorno dopo e sembra di volare. Verso Lesbo l’isola greca più vicina.

Dopo la tempesta, dopo aver osato, qualcosa ho trovato?

Arriviamo alla città del porto, ma niente traghetti per questi giorni, le relazioni tra i due paesi non sono delle migliori, come quasi sempre succede.

Con “stupefacente” filosofia cambiamo direzione e piano. Autobus e al diavolo. Andiamo direttamente al battello che parte domani per Kyos (isola greca) passando per Izmir. Il piano era superare Izmir e arrivare alla spiaggia del porto di non mi ricordo il nome. Arriviamo alle 10 a Izmir e non cì sono più autobus che partono, solo che arrivano.

Situazione, vediamo come fare. accamparci lì è un po’ dura. Un hotel economico. Molto economico. Un ragazzo ci offre aiuto, ma non ci può ospitare, ci chiede pure se abbiamo bisogno di soldi. Nel mentre telefonate che arrivano con albergatori che offrono stanze. I facchini della stazione scaricano gli ultimi pacchi e uno di loro, uno dei “boss” ci fa , se volete qualcosa di così economico meglio se venite a casa mia se vi fidate, ho tre figlie, tra poco finisco! Passate e se poi non volete, tranqui.  Andiamo. Ascolta vecchio rock (led zeppelin..) e oltre a scoprire una città fuori dagli schemi della Turchia tradizionalista religiosa e conservatrice scopriamo una famiglia fantastica. Con la stessa sequenza climatica del nostro viaggio sono saltate fuori le tre figlie: la prima Goccia, poi Pioggia e ultima Sole. La tavola si riempie di roba buona! birra e reky. Suonando la chitarra e facendo un po’ di chiasso tra i disegni di Alice ci troviamo bene con loro. “I love you” ci si sente ripetere col cuore. Più tardi quando l’alcool è a sufficienza esce pure qualche frase come “i **** the musl…”, parliamo di politica e come da comunista che era a criticato lo stalinismo ecc. Alla fine sotto pressione delle figlie il padre va a dormire e raggiungo Alice che già dormiva. Il giorno dopo colazionona, con me e il vecio con la sbronza ancora un po’ addosso. Passiamo buoni momenti. Lascio la chitarra nelle mani di Ganesh (sole), che veramente è un sole, d’altronde ne farà più buon uso lei già che fino a quel momento era stata usata quasi più come arma contro gli attacchi dei cani randagi che come strumento musicale. Con la speranza di ritornare un giorno, ripartiamo verso un porto che ci possa portare verso ovest sull’isola greca.

La grande famiglia

11 – Quattro pedalate in Asia, Afietoso!

16 Mag

Prima notte in riva al mare, poi si arriva a Eskel, paesino della campagna a pochi chilometri dal mare. Al bar sotto la moschea tra gli sguardi strani dei vecchi. Ci si annusa, poi tutti “amici”. I disegni di lei sorprendono. Prendo la prima sbronza di the della vita. Tutto si svolge nell’arco di pochi metri dal bar, ore passate, gente che viene e che va. Ospiti dal fratello di quell’altro di cui non ricordo il nome. Si riparte il giorno dopo, dopo una colazione esplosiva turka.
Buono, super buono.. ci si capisce (!?) a gesti. Afietoso, buonappetito, ciok gusel, buono buono. Impossibile offrire qualcosa, ospitalità turka doc.

In posa.

Alice and the cousins.

Cena di notte.

Perfecta

10 – Istanbul Tanz

16 Mag

Al ritmo di taxi in preda al panico
e tra fiumi di persone delle strade del centro                                                      immerse nel gas di scarico dei motori o dei fritti degli ambulanti
sotto un velo di purpurea foschia
si mostrano imponenti le vecchie e nuove costruzioni
sbocciate dal fertile squilibrato substrato umano
segnato da delirio di onnipotenza e prostrazione alla paura.

Tagliata in due dallo stretto
una città in due, o meglio due in una
forse anche di più.
I pescatori del porto
i pezzi di città a tema, dove il tabacco, dove le patate al forno, dove l’intimo
corporazioni
le grida degli imam
e i tacchi a spillo
la religione del moderno, il suo profeta Ataturk
un caffè di anarchici
sulla via del mare bar clandestini e palloncini per il tiro al bersaglio
poi quando il sole non vede, i locali dei vicoli tra alcool e musica a manetta
musica di strada e artigianato freak
qualche spagnolo
Compressione di mondi nell’imbuto euroasiatico.

E’ un gioco passare in mezzo alle fiumane di gente con la bici
improvvisare al consolato francese, delusi dal mancato buffet, musica, inno alla rivolta
è un piacere trovare tutti ospitalità all’ultimo
è un piacere rifare gruppo con tutti i compagni di viaggio e cercare inutilmente di pagarsi un hotel suonado per strada
è un piacere passare l’ultimo giorno (da mezzogiorno a mezzogiorno)         fra musica balcanica birra nucleare e scomodi parchi cittadini tossici,

per poi riuscire a ripartire.
Ognuno di nuovo per la sua strada.

Mrs Pierre e Sylvain verso est,

i grenoblesi a dito verso sud

e noi due col traghetto al di là del mare di Marmara.

9 – Contro il vento di Istanbul

6 Mag

Il punto rosso della bandiera turca si vede da lontano. Pedalando non sappiamo, come spesso succede, cosa ci aspetti. Diverse voci parlano bene dell’ospitalità turca. Porto l’idea che il cambio non sarà radicale, ma graduale. Invece no, cambia tutto. Verso sera si passa la dogana greca. Pochi metri di terra di nessuno. Soldati, si possono guardare in faccia, potrebbero parlarsi, greci e turchi. Dogana turka nessun problema, ci ferma un doganiere, una piccola colonna di macchinoni dietro, ci parla di Istanbul. In Turchia cambiano i colori, gli sguardi. Ha un qualcosa dell’Albania ma senza il chaos all’italiana. Siamo nella terrazza d’Asia verso occidente.

Ci fermiamo a pochi metri dalla dogana. Al tramonto. Trovo un segno inequivocabile del passaggio dei vespisti camuni sul primo cartello stradale.

Scende il sole e sale la fretta. Una piccola cittadina sembra a pochi chilometri. Decidiamo di proseguire un po’ verso un paesino sopra un colle. Tra cani e moto arrugginite troviamo posto per accamparci in parte alla moschea. Passiamo un’oretta col the nella bettola di paese. Di notte un cane ci abbaia fino a vomitare. eheh.

La Bella e la Bestıa

Ci risvegliano le vacche di passaggio. Il ragazzo che la sera prima ci ha offerto il the ci invita a casa. Colazione esplosiva the, caffè, pane, olive, fritto, formaggio etc. La nonna vuole vederci esplodere (forse era suo il cane della sera prima).

Quindi, ai primi tre chilometri della strada infinita di sali e scendi controvento in un paesaggio sempre uguale, un grido sorvola la prateria tra i colpi di tosse. E’ un grido di gioia alla vita. Una “bestemmia”. Espressione libera di emozioni. Ci voleva ripensando a tutto il catrame versato sui manti stradali d’Albania Macedonia e ora Turchia.

Alıce felıce

Avanti fra i venti incontriamo un fortunato viaggiatore col vento in poppa. Col suo velocipede, o quel che l’é, se ne va a tutta velocità verso Atene, non voglio pensare con quanta facilità. Sembra un giullare in fuga da un circo che non gli andava giù. Poco più tardi incrociamo un elefante rosa sulle sue tracce.

Il giullare Nelly in fuga

La strada prima quasi deserta comincia a popolarsi di vetture e autobus malcarburati. L’odore schifoso di macchina aumenta avvicinandosi alla città che erutta una colonna di fumo nella nostra direzione. Tra lo sfrecciare delle macchine sboccia l’idea, poi confermata dalla mancanza di strade alternative, di riprovare a prendere l’autobus per raggiungere Kostistanbul.

Problema con le bici, ma alla fine ce la si fa alla facciaccia di autisti e bigliettaio (altre facce, ma da culo, di questa Turchia) troviamo “l’hostess” di bordo che non ci fa nessun problema e ci carica le bici.

Arriviamo in Istanbul di notte nel punto sbagliato. Persi nella città di venti milioni di abitanti.

I taxisti si agitano come pollacci nell’aia per mettere fretta. Facciamo con calma e prendiamo un solo taxi ınvece dei due “proposti”, ci stiamo più o meno. Intorno alla strada trafficata grandi minareti illuminati spuntano qua e là.

Istanbul tanz.

8 – Grecoland s’ Makedonya

3 Mag

Grecoland s’ Makedonya

Ripartimamo abbandonando la costa. Scolliniamo verso una valle di laghi sempre tra il verde primaverile tipico ormai del mio immaginario greco. Le ombre lunghe e il colore intenso della sera mettono fretta.

Un bel ristorante con un manto erboso accattivante attira la nostra attenzione. Conosciamo la famiglia, la casa offre la cena. Peccato che ho lo stomaco pieno di riso bianco e feta cucinato il giorno prima. Maledico la fretta fagocitatrice e la quantità di sbobba ingerita. Un po’ di spazio lo si trova comunque. Tra le grida vibranti della piccola e i disegni della sorella di poco maggiore che parla un inglese stentato, (con uno sdentato) si magna e beve nel ristorante.

Il giorno dopo la strada perfetta, non c’è vento,  le salite lontane ai lati forse. Verde fresco sotto il sole cocente. Un grasso falco attraversa lo sguardo planando a due passi. Poi soliti animali umani capre pecore cani…

Mi tolgo lo sfizio di sfregiare una nazistata, cosa che poi mi ha fatto pensare un po’, se ci sgamano che non so neanche dove siamo.

All’ombra delle nuove foglie si scende dolcemente verso il mare. Seguiamo la costa. Ritorna il vento. Qualche strappo di salita. Poco sopra il mare accartocciato e colorato dal vento un vecchio cane randagio abbaia affamato. Una barra di pane però non gli basta per vincere la paura di farsi toccare.

Il vento sempre più forte. Un cartello con scritto qualcosa come therma. Si prende la strada attraverso la piccola valle che sbocca al mare. Un centinaio tondo di chilometri alle spalle. Un’area termale abbandonata, popolata dai soliti cani, qualche persona che passa come ombra e aceri secolari. Squottiamo una stanza. Ci infiliamo nella vasca di pietra in riva al fiume, il cielo dalla mezza luna accende la notte.

Notte.

Da sveglia la fanno i tuoni, il buongiorno la pioggia.

Vento, vento e ancora vento. Forte e diretto. Le bandiere sventolano dritte nella direzione contraria praticamente tutto il giorno. Finirà prima la pazienza o il vento? Si rivela inutile la ripetitiva invocazione di concetti sublimi edulcorati, da altri meno. E psicologicamente è più difficile che fisicamente. Ma alla fine Ça Va, Cet é la vi. Na soluzione la troveremo.

Impossibile. La marcia è lentissima. La sera sfiniti si arriva a Xanti e si ritrova l’ombrosa accoglienza greca del personale ferroviario. Niente bici. Forse gli autobus, dipende dal conduttore come sempre. Arriviamo la notte ad Alessandropulis in autobus. Il tempo stringe, Istanbul  ancora lontana e una sorella di Alice passa da li. Inoltre il tempo del lavoro si avvicina e non sembra il momento di far fatica solo per il gusto di farla, per arrivare al limite.

7 – Tessalonika. Fatti e misfatti.

3 Mag

Scrivo con qualche giorno di ritardo dalla partenza da sta città. Abbiamo trovato posto il giorno dopo, assieme ai compagni ritrovati, in un appartamento lasciatoci libero dal compagno di un’amica della madre di un altro ragazzo che stava viaggiando con noi all’inizio del viaggio, ed ora viaggia solo. Il compagno dell’amica… blablabla… E’ un linguista poliglotta, intellettuale, dall’appartamento ribaltato. Ricorda Paolo Villaggio nei suoi anni d’oro.

Il giorno prima, quello dopo essere arrivati, faccio quattro passi per il quartiere per non dimenticare che ci si può muovere anche così. Manifesti per la strada indecifrabili, come le parole della gente, a parte kala kalo kale o quel che l’è. Di greco non so na mazza e i greci, come gli italiani non masticano molto inglese.

Lungo la strada tra i palazzi non troppo nuovi, un cancello aperto e dietro l’ombra una casa con un piazzale che ricorda una specie di oratorio. Nel piazzale un mercatino di frutta e verdura e altre robe da mangiare, gente di ogni età. Entro e chiedo, che non sia qualcosa di parrocchiale, non si sa mai. Trovo una ragazza che parla inglese!

E’ un catalypso, spazio occupato ed autogestito, pieno di attività. Parliamo un po’, se non avessimo già il posto in casa potremmo stare lì a dormire per qualche giorno. Il posto è tenuto benissimo. La casa dove noi stiamo è sulla strada giusto all’angolo.

Cena al ristorante di quartiere e la sera torniamo alla torre bianca. Un trio improvvisa un concerto. Sax, basso e batteria. Si anima la serata che finirà in una festa con Dj nello spazio di un collettivo Biotexia nel mezzo di un palazzo abbandonato. Si ritorna all’alba.

La sera dopo ci sono le elezioni primarie francesi. E siccome sono in un ambiente prima di tutto francese, poi greco, già che ci si è ritrovati anche con altri tre ragazzi fuori di testa di Grenoble (già incontrati dagli altri in fondo alla Croazia, che si son fatti Francia Marocco andata ritorno poi Balcani e Grecia e avanti) ne approfitto, ne approfittiamo, per andare all’ambasciata a magna’ e beve’  bona roba aggratis nel mentre escono i risultati. Finito il tutto ci si mette a suonare bella ciao all’interno, sigaretta in bocca e i tasti di un piano sotto le dita finchè non ci invitano a passare il giorno dopo. Fuori sulle scale si fa un gruppo, musica e birra, al quale si aggiunge anche il tipo dell’ambasciata proprio contento di vedere un po’ di fricchettoni come noi alle elezioni.

Giorno dopo alla torre Alice disegna e io prendo il sole, giro per la città recuperando cose utili. Poi brutta scoperta. Qualche anima in pena ha sfondato le ruote della bici in fondo alle scale. La più esposta. Dovrò cambiare tutti e due i cerchi.

Oltre ai cerchi, un piccolo problema fisico e Alice che ha un momento di morale basso. Il tutto mi fa venire voglia di gridare a momenti, ma riesco a trovare la tranquillità nel piacere dell’alienazione. Sono solo formalità, o questioni di qualità, non ricordo più bene. Fck.

Ripassiamo, qualche sera dopo, allo Sxolio, il posto occupato sotto casa, trovando il bar aperto e la festa del corso di ballo boogie-woogie, gambe che si muovono. Ritrovo una faccia conosciuta nell’appartamento di Granada durante l’Erasmus. Adesso è facile da dire ma un po’ me l’aspettavo di trovare qualcuno/a di conosciuto a Tessalonika. Ci fa conoscere un altro ragazzo che parla italiano e dà un corso di italiano in questo spazio. Un numero contenuto di birre (una, mamma!) e la fatica si fa sentire (o forse l’età).

Lo ritroviamo il giorno dopo “la faccia conosciuta”, e dopo la partenza del trio di Grenoble, ci porta a fare un giro in un altro paio di catalypso. Prendiamo un caffè nel caffè di uno di questi. Non sembrano squatt da quanto sono tenuto bene, gente di ogni età. Lo lasciamo al suo corso di greco in uno di questi.

Il giorno dopo risistemiamo ruote e portapacchi e siamo pronti per partire. Il tempo non è male. Prendiamo tutto con molta tranquillità. Partiamo col sole delle quattro. Si sale sulle colline sopra  la città. Sotto il sole basso Tessalonika, il mare, l’Olimpo sullo sfondo.